Il Mulinaccio l’altra faccia della Toscana. I Vini di Volterra.
Come i castelli di carte costruiti da bambino, ti accorgi della fatica fatta, della concentrazione richiesta da quel precario equilibrio, solo quando, arrivato a monte tutto si “sbraga”. Un simpatico “ghost deleter” ha fatto scomparire questo pezzo quando era finito. Ma tuttavia…
“…vedeva di là dalla collina gessosa riapparire all’improvviso su la sommità del monte come su l’orlo d’un girone dantesco il lungo lineamento murato e turrito, la città di vento e di macigno”.
Da queste parole di D’Annunzio si percepisce l’intensità dell’attrazione generata dalla cornice che confeziona la strada che da Il Mulinaccio conduce a Volterra. lo sguardo seppur tentato, non può lasciarsi sedurre: il meandro stradale che conduce alla città non lascia spazio a distrazioni. Vale la pena di rielaborare l’annesso concetto secondo cui “non guidare devi andare a Volterra.”
Volterra rifugge, come spesso accade nella felice Toscana, ogni forma di sprawl urbano . Volterra è ricca di storia e tradizioni che sfacciatamente ti ripropone ad ogni passo.
L’agriturismo Il Mulinaccio è a pochi chilometri di distanza da Volterra. L’assetto agrituristico è stato rigenerato da una ristrutturazione durata 4 anni, dopo che Alessio Bernini ha deciso che non ci sarebbe stato altro tempo da dedicare altrove; è così infatti che lascia la sua professione di avvocato per dedicarsi interamente alla campagna.
La struttura. Il Mulinaccio è bio a tutto tondo -come se ci fosse un’altra possibilità-: le erbe spontanee sconfinano dai campi ed arrivano a contornare la struttura. “Voglio stare tranquillo quando mio figlio gioca qui”; Alessio ci racconta di come le erbe intorno alla struttura siano viste come marchio di garanzia qualitativo di una scelta consapevole per gli ospiti stranieri, mentre -guarda un po’- i connazionali ancora arrancano nella comprensione che un ambiente ordinato, dalla cromaticità giallo-arancione, sia poco salutare (eufemismo). Il Mulinaccio oltre ad una tartufaia controllata, produce e coltiva zafferano da un campo di 7000 metri e olio di oliva dai circa 4 ettari di uliveto. Il campo di zafferano è completamente inerbito così come l’uliveto. A riconduzione delle antiche pratiche etrusche “…dove l’ulivo si abbraccia alla vite…”, Alessio è il presidente dell’Associazione Vignaioli di Volterra, con i suoi 14500 metri quadrati di vigneto.
Il Mulinaccio, l’altra faccia della Toscana. I Vini di Volterra.
Vigna. Un ettaro e quasi mezzo quindi coltivato a vigna di cui il 90% a Sangiovese e 10% a Colorino, impianto del 2007 che ha in cantiere un vigneto completamente a Vermentino, di cui attendiamo per ora i frutti. Alessio è assertivo in ogni sua dichiarazione, anche quando rivela le sue considerazioni sull’impianto del bianco: “avrei potuto impiantare il Trebbiano, ma con il Trebbiano si sa devi esser bravo”; d’altronde la sua è una sperticata dichiarazione d’amore per i rossi.
Il suolo di questo particolare frangente stacca totalmente con quello che è il tipico spartito di Volterra, solitamente argilloso: qui è la sabbia a dettare il potenziale sui vini . Sabbia al 60%, da cui emergono continuamente conchiglie, gusci di ostrica e fossili marini, ben presenti anche come casuale ornamento sui materiali utilizzati per le costruzioni de Il Mulinaccio e per la Piazza dei Priori di Volterra.
L’inerbimento nella vigna, si concede una pausa soltanto intorno ai ceppi zappati a mano. Nessun concime chimico e nessun diserbante, le erbe falciate saranno la pacciamatura a nutrimento e termoregolazione della vigna. A dar forza al progetto tutto naturale del Mulinaccio c’è la firma dell’agronomo Ruggero Mazzilli, di cui Alessio riporta un’emblematica frase della prospettiva che quest’uomo ha nei riguardi della gestione della vigna: “ Paradossalmente la malattia ti può dire che il terreno è vivo”.
E’ infatti evidente che nessuna malattia attacca un cadavere e spesso il cadavere sono i vigneti mummificati da bombardamenti fitosanitari, a distruzione della salute di tutti e di quel patrimonio che saremo chiamati a restituire alle future discendenze: la Natura.
La cantina. La distanza tra vigna e cantina è un battito di ciglia; questo facilita la gestione e sottolinea la qualità del prodotto finale. La cantina è tradizionale, ma non abbastanza per Alessio che vorrebbe un ambiente ancor più primordiale e di conseguenza più ricco di attività microbiologiche, lontane da quelle cantine vestite da sale operatorie dove la spontaneità della vita è solo un lontano ricordo. Nessun lievito selezionato, nessun pied de cuve; fermentazioni autogestite quindi col solo ausilio del controllo della temperatura, quando occorre. I contenitori di maturazione sono in acciaio e in botti di castagno nell’originale misura di 200 litri, provenienti dalla Sicilia. In un disegno neanche troppo futuro, Alessio vuole avvalersi delle anfore in terracotta.
I vini. Due i figli enologici de Il Mulinaccio, che non a caso riportano il nome del piccolo erede di Alessio:
Cosimino, 100% Sangiovese, maturazione in acciaio inox e affinamento in vetro. Taglio verticale, sottile senza nessun accenno di anoressia, ripropone la finezza dei vini provenienti da terreni sabbiosi, ricchi di scheletro.
Nero di Cosimo, 95% Sangiovese, 5% Colorino; maturazione nel castagno. Diversa concentrazione già dal colore, probabile concessione data dallo scudiero del nobile Sangiovese: il Colorino. Anche nell’attacco in bocca è più compatto, più spesso del Cosimino: la verticalità del precedente è irretita da un approccio più stratificato, ma che non manca di lunghezza.
Basterebbe un minimo della consapevolezza di Alessio Bernini, per capire che stupro siano certe politiche ambientali mascherate da libero accordo tra Stati.
Se passate da Volterra fatevi riconsegnare da Il Mulinaccio un sorso di quel territorio!
Raffaele Marini