Pasto infedele dell’Italiano medio
Negli ultimi tempi una questione tormenta i miei pensieri e instilla dubbi finanche a diventare un inquieto dilemma. Mi interrogo con grande apprensione: gli Italiani sanno mangiare? Più ci penso e più m’avviluppo in questa maledetta sciarada. Sembra irrisolvibile, ma mi appronto alla necessaria euristica. E chiedo, quante volte avete sentito dire “la cucina italiana è la prima al mondo” oppure “la dieta mediterranea è la migliore in assoluto”? Spesso? Anch’io. In effetti, l’Italiano medio manifesta un confortevole approccio campanilistico alla dieta mediterranea, una commovente esibizione d’orgoglio nazionale. Convincente.
Specialmente se si pensa alle infinite divisioni che dagli stoici Mille Rossi ad oggi hanno sempre agitato il nostro Paese; divisioni pensate da menti ciniche ed agite da uomini e donne gretti ed ipocefali che, ai nostri giorni, alimentano i putridumi nazionalistici disseminati per l’Europa. Salvo poi rispondere riunificati al credo mondiale del Profitto, dei cui miasmi si ossigena il dio Mercato, libero e selvaggio; su quell’altare abbiamo sacrificato anima e merci. Una forma di religione che ci vogliono far credere astratta, trascendente, ma che in verità è fatta di uomini e donne reali, viventi e carnefici. Questo è il nostro tempo. Perdonate la digressione, effetto delle mie ciclotimie. Ricordiamo.
Pasto infedele dell’Italiano medio
A coniare il termine dieta mediterranea fu un fisiologo statunitense che, negli anni 50, condusse uno studio sulle abitudini alimentari delle popolazioni di Creta e Sud Italia. In quei territori, a quei tempi, udite udite, le persone si nutrivano piuttosto bene, consumando grandi quantità di cereali integrali, olio d’oliva extravergine, vino, verdure e frutta in abbondanza, legumi, uova, formaggi e, raramente, pesce o carne. Questa era ed è la vera dieta mediterranea, una (non l’unica) sana scelta alimentare. Oggi però alle nostre latitudini la decantata dieta mediterranea è totalmente stravolta nei suoi fondamenti, perché gli stili di vita sono sedentari e, a tavola, l’italico animale si concede overdose di carboidrati, si ingozza di proteine animali e mangia poche verdure. Il festival della caloria.
E’ diventata perciò la “dieta mediterranea de noantri”. Sostenuta peraltro dalla comunità televisiva e da quella scientifica, che negli ultimi anni imperversano sugli schermi svolgendo una imperitura televendita della dieta mediterranea; come ineffabili wannemarchi esaltano oltremodo questa scelta alimentare. Tuttavia, benché esibiscano grande competenza, la loro divulgazione evidentemente non arriva nel giusto verso e spesso il fruitore si auto legittima a mangiare assai, tanto “è dieta mediterranea”, fa bene. Lo dicono i santoni della nutrizione. E dal 2010 c’è anche il riconoscimento dato dall’Unesco alla nostra dieta, il quale però promuove lo stile di vita in generale e non la sola alimentazione, rimarcando il ruolo “collettivo” della vita mediterranea; che stimola cioè l’integrazione sociale attraverso la comunanza del pasto e tutto ciò che ne consegue, conoscenza, racconti, leggende.
E’ uno stile di vita che si nutre del territorio, rispettandolo. Ma io continuo ostinatamente a pensar male. Penso che oggi la massa degli italici commensali è piuttosto lontana da quello stile di vita, penso che non abbia cultura alimentare. Invero le nostre abitudini alimentari dal dopoguerra ad oggi sono mutate sensibilmente, abbiamo abbandonato quel saggio rapporto con la tavola fatto di contenutezza e frugalità, per dar spazio a modelli alimentari angloamericani tipici delle società definite opulente (perfetta immanenza aggettivale). Abbiamo rimosso quel sano rapporto di temperanza che avevamo con la tavola. Ma davvero oggi mangiamo così male? Fatta salva una ridotta quota parte di persone consapevoli ed informate, penso proprio di sì. Osservo le nostre città, formicai di esseri umani in movimento, ove si è affermato un malsano modello alimentare: il “nefast-food”, non più relegato in subdoli spazi dedicati allo spuntino veloce, ma divenuto precipuo stile alimentare, foraggiato da massive campagne pubblicitarie che approdano sulle vostre tavole.
Pasto infedele dell’Italiano medio
E’ il nefast-food all’italiana, fatto di alimenti surgelati, pietanze di veloce preparazione, microonde, cibi pronti, insalate e verdure in busta, sapori industriali, grassi e chimica, tanta chimica. I pasti quotidiani si depauperano, perdono il prezioso ruolo originale del cibarsi, fatto anche di convivialità ed arte culinaria; e lasciano spazio a momenti di dis-umana coesistenza familiare, carichi di tensioni nevrosi e psicosi da dover scaricare. Nel piatto ovviamente, un coacervo di insani ingredienti, cucinato senza anima, di fretta e consumato in tempi da copula media (il riferimento per ora è a quella umana). Però, l’italiano medio è in pace con se stesso. Lo è quando trova sulla sua tavola olio e.v.o. da 3,50€ la bottiglia, dopo averne spese 12,50 al litro per l’olio motore della sua automobile. Soldi ben spesi.
Lo è quando a fine pasto, dopo aver mangiato primo e secondo, prima della frutta si pulisce la bocca con due fette di formaggio. Lo è quando mangia i piselli (ovviamente finissimi e surgelati) solo come accompagno a piatti di carne, pesce o uova. Lo è quando al ristorante, sul menù, trova i fagioli o i ceci nella sezione dei contorni, perché … sono verdure. Lo è quando mangia il riso solo perché avverte sintomi di inappetenza. E torniamo all’iniziale sciarada, perché i dati che ho reperiti sono illuminanti e dicono che solo il 10% della popolazione italiana si alimenta con la vera dieta mediterranea! E il rimanente 90%? Mi persuado che si trastulla tra “dieta mediterranea de noantri” e “nefast food all’italiana”. Oltre ciò, purtroppo, c’è anche una terza via, nequitosa maledizione che nell’immediato futuro si abbatterà sulle vostre tavole come una coltre tossica.
Pasto infedele dell’Italiano medio
Attenti al TTIP!
Manifesto qui la personale preoccupazione per l’incombente pericolo che rappresenta la prossima ratifica del TTIP, il trattato di libero commercio tra Stati, di Nord America ed Europa, ordito da menti d’oltreoceano e complottato in gran segreto con l’Unione Europea nell’omertoso silenzio mediatico; un patto criminale che straccia il principio di sovranità nazionale dei Paesi firmatari, favorisce ulteriormente i profitti delle multinazionali, ed apre scenari inquietanti rispetto all’alimentazione. Apocalittici.
Immagino un vicino futuro costruito su infami politiche d’imposizione alimentare, alle quali però si opporranno nuove Resistenze umane, fatte di dannati e clandestini che nelle strade delle città venderanno sottobanco pomodori veri, zucchine coltivate, patate, pane, latte, uova. E nei vicoli dei bassifondi altre avanguardie, di reietti e ribelli, mesceranno calici di Barbaresco del 2001 e di Vigna Rionda del 2004, e spacceranno bustine di sementi biodinamiche…..
di Cibaria