Vinitaly. Il vino è Rinascimento della società.
Per la prima volta un Presidente della Repubblica taglia il nastro del Vinitaly, forzatamente la più importante rassegna viti-vinicola del nostro Paese e probabilmente una delle più considerevoli al mondo. La 50esima edizione; una sorta di Giubileo del settore agroalimentare che più di ogni altro traina l’economia agricola italiana all’estero. È anche la prima volta che temi come sostenibilità, biodiversità, ritorno dei giovani in agricoltura, frontiere aperte, ruolo della donna, recupero di identità autoctone e ponte tra tradizione e innovazione, costituiscono gli elementi trainanti di un discorso che diviene un manifesto identitario di un settore, ma più ampiamente di un sistema Paese.
Non è un caso che la chiusura del discorso punti al marchio DOC Italia, “un marchio che riguarda tutti noi, da Nord a Sud, dal piccolo al grande centro. È un marchio da cui dipende molto del nostro futuro e di quello dei nostri figli”, chiude Mattarella. Non solo un augurio; molto di più un monito. Un dito puntato sulla difesa di una identità di eccellenza ambientale che costituisce il biglietto da visita del nostro Paese. Il substrato su cui innestare un circuito virtuoso di impresa, cultura, territorio. Sembra arrivato un momento di svolta. O forse l’ultima chance che ci viene riconosciuta per ritagliarci un’equipollenza di merito sul piano internazionale e come main train interno. Anche perché di cose con cui fare i conti ce ne sono abbastanza. Un comparto di produzione che è ormai il primo al mondo per quantità, ma con un consumo interno ridotto ai minimi storici; una burocrazia asfissiante, impantanata in sabbie mobili millenarie; un costo del fattore terra che impedisce ai giovani di accedere ad un settore dalle prospettive di innovazione illuminanti.
Ma anche scandali ambientali e produttivi che distruggono la nostra immagine e l’affidabilità del Paese; una incapacità di definire il biologico, biodinamico o la biodiversità come valore aggiunto e come linea guida per il futuro (d’altronde lo stesso Vinitaly ha deciso di aprire a questo comparto solo nel 2012, nonostante il mondo avesse percorso quella direzione da decenni!); milioni di fondi comunitari destinati a promuovere il comparto vinicolo all’estero che potrebbero avere migliori e più efficaci utilizzi; o ancora una mancanza di elitarismo che ci induce a pensare che ogni territorio può essere vocato e alloctonato da qualunque vitigno. Un dito puntato, dicevamo. Perché di rimproveri ce ne sono tanti, anche e soprattutto agli operatori di settore e a produttori poco lungimiranti e ancor meno rispettosi di una sostenibilità ambientale che si fonda sul concetto di una terra in prestito dal futuro, piuttosto che di una proprietà ereditata dal passato. E lo stesso Mattarella se ne fa portavoce quando spinge sull’acceleratore del “bisogna integrare la cultura del cibo, la salvaguardia del territorio, il turismo. Su questo terreno facciamo un po’ meno di quello che potremmo”.
Vinitaly. Il vino è Rinascimento della società
Esattamente. Facciamo molto meno di quello che siamo chiamati a fare e a riconoscere come qualità ed eccellenza, prima ancora che come quantità di produzione. Facciamo ancor meno quando non riusciamo ad individuare come unica via di sviluppo, quello vero, il filo indissolubile che lega l’ambiente, il territorio e la sua identità, al cibo, al vino e alla cultura che lo rappresenta. E l’Italia dovrebbe essere costretta a farlo: per le potenzialità e l’amalgama che da sempre rappresenta nel Mediterraneo. Non credo che ci siano alternative a questo. E mi fa piacere che il discorso di Mattarella si unisca ad azioni anche simboliche per questo Vinitaly del “Rinascimento”: la premiazione di Francesco Paolo Valentini, del celebrato vino Trebbiano d’Abruzzo, a cui è stato assegnato dal Presidente della Repubblica il premio “Benemeriti della Vitivinicoltura italiana – Angelo Betti”.
Questo non è solo un riconoscimento per quello che la storica azienda abruzzese ha fatto, ma anche per come ha deciso di farlo: attenzione all’ambiente, capacità di osservare e studiare un clima che cambia costantemente, avvedutezza nel sapersi adeguare ai cambiamenti, applicazione di una sostenibilità ambientale e perseguimento di una qualità produttiva e degustativa che pochi altri hanno saputo cavalcare. Il monito è racchiuso anche in questo, individuando gli esempi da seguire e le pratiche da adottare. Per un Rinascimento che sia finalmente reale e non solo un bla bla bla che rischia di farci perdere un treno che non dispone più della marcia indietro.
di Tamara Gori