Calligramma

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Il termine si riferisce a un testo poetico riprodotto in modo tale da formare, mediante la particolare disposizione delle parole che la compongono, la figura relativa al soggetto trattato. La definizione si deve al titolo di una raccolta di poesie di Guillaume Apollinaire (Calligrames, 1918). La struttura risale alle culture arcaiche, come quella degli indù o dei greci antichi. I primi calligrammi conosciuti appartengono ai poeti greci del periodo ellenistico (secolo IV-III a.C.) e questo modo di raffigurare la poesia veniva chiamato in greco technopaegnia e in latino Carmina figurata.

La Dive bouteille è una composizione di François Rabelais, in Le Cinquième Livre [1564], Éditions du Seuil, Points, 1997.

O Bouteille,
Pleine toute
De mystères,
D’une oreille
Je t’écoute:
Ne diffère,
Et le mot profère
Auquel pend mon cœur
En la tant divine liqueur,
Qui est dedans tes flancs reclose,
Bacchus, qui fut d’Inde vainqueur,
Tient toute vérité enclose.
Vin tant divin, loin de toi est forclose
Toute mensonge et toute tromperie.
En joie soit l’aire de Noach close,
Lequel de toi nous fit la tempérie.
Sonne le beau mot, je t’en prie,
Qui me doit ôter de misère.
Ainsi ne se perde une goutte
De toi, soit blanche ou soit vermeille.
O Bouteille,
Pleine toute
De mystères,
D’une oreille
Je t’écoute:
Ne diffère.

La diva bottiglia

O
bottiglia
tutta piena
di misteri,
d’un’orecchia
ti vo’ sentire:
tu non differire
il motto a profferire
dal qual pende il mio cuore!
Tutto quel divino e nettareo liquore
che sta ne’ tuoi bei fianchi rinchiuso:
Bacco, che fu dell’India il vincitore,
tiene in serbo ogni verità.
Vino tanto divin, da te ben lunge stanno
ogni bassa vergogna e ogni inganno,
sempre sia lieta l’alma di Noè,
che di te ci ha fatto il dono.
Dimmi quel motto, ti prego,
che mi toglierà di pena.
Così mai non si perda
goccia alcuna di te, sia bianca o nera,
o bottiglia
tutta piena
di misteri.

(François Rabelais, Gargantua e Pantagruele, tr. di Augusto Frassineti, Introduzione di Giovanni Macchia, Sansoni, Firenze, 1980, Libro V, cap. XLIV, p. 733).

Illustrazioni di Francesco Dezio

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