Quando una definizione si presenta come spiegazione del significato originario di una parola, essa è un’etimologia. Le “false etimologie”, che in linguistica si direbbero “paretimologie”, reinterpretano una parola sulla base di somiglianze di forma o di significato con altre parole, deviando dalla forma o dal significato originario. In senso lato, si può intendere con lo stesso termine un’etimologia errata o volutamente falsa.
Il casuale inciampo in un punto geometrico privo di dimensioni è all’origine dell’Etimologiario di Maria Sebregondi (Longanesi, Milano, 1988, pp. 106, 87, 75; ried. Greco&Greco, Milano, 2003, e poi Quodlibet, Macerata, 2015, pp. 82, 67, 59). Nel percorso, a volte lineare, a volte tortuoso, tra le parole e le cose vi è un punto equidistante (dal nome e dall’oggetto) nel quale, se ci si sofferma, accadono fatti inconsueti: il punto può allargarsi a dismisura e l’interstizio fra il reale e il possibile diventa una vasta zona di frontiera, propizia a insoliti incontri.
La tristezza ispirata dall’arnese da cucina indusse l’autrice a fermarsi: il punto era già una crepa sottile quando apparve una delle tante creature, il “mestolo”.
In cucina
Mèstolo agg. sost. (dim. dell’agg. ‘mesto’) – arnese da cucina mite e malinconico. Prototipo della tristezza schiva degli utensili, destinati per definizione ad essere un mezzo e non un fine.
Soffrìtto s.m. (var. culinaria del part. pass. del vb. ‘soffrire’) – cibi sminuzzati posti nell’olio bollente gemono a fuoco lento crogiolandosi nella sofferenza che ne esalta l’aroma.
Zènzero s.m. (comp. dall’agg. inv. ‘zen’ e dal s.m. ‘zero’) – aromatica testimonianza dell’origine buddista del simbolo ‘zero’. L’inquietante ‘posto vuoto’ che in occidente spalanca demoniaci abissi può essere riempito da un tranquillo rizoma bitorzoluto, e il nulla dà sapore all’esistenza.
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