Re di Marzo, il Barolo, non è solo un vino ma anche una strada che conduce alla scoperta delle Langhe
1600,1873,1909,1933, 1966 e 1980 non sono numeri a caso
La storia del Barolo si può riassumere in sei big-data, ognuna delle quali ha consentito a questo vino pregiato di affermarsi.
La prima tappa ufficiale la fanno le uve Nebbiolo sulle tavole dei Reali di Savoia, anche se la produzione vitivinicola originaria la si deve a una donna, Giulia Colberti Falletti di Barolo. Una spinta al prosperarsi dell’attività avvenne in seguito agli esperimenti del Conte Camillo Benso di Cavour che diede impulso anche alle terre di nascita, Langhe–Roero.
Il vino dopo un paio di secoli vinse 7 medaglie d’oro al concorso di Vienna e quasi un secolo più tardi il riconoscimento di “vino tipico di pregio” che diede l’avvio al Consorzio dei vini tipici di Barolo e Barbaresco.
Quindi avviene un passaggio importantissimo per il territorio di origine di questo vino, una delimitazione dell’area interessata alla produzione di uve Nebbiolo, ad opera del Comitato Agrario di Alba.
Esattamente trent’anni dopo arrivò la denominazione D.O.C. e, per ultimo, nel 1980 il marchio D.O.C.G. che ripagava allora come oggi gli 11 Comuni e i 1700 ettari di terre coinvolte. Terre con un passato feudale, trasformate sapientemente in vere e proprie geometrie d’arte.
La ricetta che fa del Barolo un vino superiore è custodita gelosamente tra le Alpi, su quel terreno in cui si mescolano calcare e argilla, roccia e sabbia, laddove il microclima ne favorisce la produzione ottimale e le uve prendono struttura e profumi. Per poi passare nelle viscere della terra, a invecchiare almeno per 38 mesi, di cui 18 in botti di legno, dove gli aromi, la struttura e i profumi si rafforzano.
Cosa arriva nei nostri bicchieri?
Di certo l’odore intenso della qualità di uva, il Nebbiolo, poi emergono la rosa e una cadenza fruttata alla quale si aggiungono il legno tostato, la vaniglia e il tabacco. Ma non si limita a condurre i giochi. Questo è un vino corrotto dal tannino giovane e dalla freschezza di frutta cotta che si porta dietro strascichi di menta e sottobosco, quindi è il finale del gusto a consacrarlo vino del Re, note calde e retrogusto deciso.
A un vino del genere si possono abbinare solo piatti di carne forti, e formaggi stagionatissimi, oppure sorprendetemente , lo si può servire abbinato a del cioccolato amaro o a dei marrons galcès, se preferite il dolce a una cena.
Ma più che berlo a tavola, una sera qualunque, in un posto qualunque, meglio concedersi un week–end in Alta Langa, dove è possibile visitare il Caseificio, degustare i formaggi tipici, visitare l’azienda che produce le nocciole e prendervi del tempo per scoprire tutti i segreti del Barolo nel WiMu, il Museo che ne porta il nome, perdervi, infine, tra le cantine che offrono milioni di degustazioni diverse.
Nota: Il 6 maggio Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a promulgare le virtù eroiche della Serva di Dio Giulia Colbert Falletti di Barolo, nata a Maulévrier (Francia) il 26 giugno 1786 e morta a Torino (Italia) il 19 gennaio 1864. (fonte: Diocesi di Torino)
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