Se nell’evoluzione della specie umana è sempre valsa la regola della selezione naturale, anche nell’agricoltura vige lo stesso principio. I frutti dimenticati sono infatti quelle piante di antica tradizione accantonate a favore di colture più produttive o più adattabili alle logiche industriali. Molte varietà hanno subito un forte declino, ma le ricerche scientifiche sono concordi nel sostenere il recupero di queste colture dimenticate dalle indiscusse proprietà benefiche.
L’evoluzione dell’agricoltura
I prodotti privilegiati preferibili per il consumo e per la commercializzazione, sono quelli in grado di soddisfare 4 requisiti fondamentali: conservabilità, taglia e aspetto, dolcezza, e facilità di conservazione. Tali aspetti hanno decretato il declino delle produzioni “non conformi”, fino a relegarle nell’ambito dei frutti dimenticati. L’Italia può contare su un’importante banca della biodiversità, minata però da questa evoluzione agricola. Stiamo parlando di frutti che per secoli hanno fatto parte dell’alimentazione umana impiegati in molti modi diversi, ma che per le loro caratteristiche non rientrano nelle logiche commerciali. Molto spesso si parla di frutti ricchi di proprietà eccellenti sia sul piano della salute che su quello gastronomico. Ma quali sono questi “frutti dimenticati” o quasi?
Nespole
Tra i primi frutti dimenticati c’è il nespolo, un arbusto spontaneo, resistente al freddo e all’altitudine diffuso in tutta Europa. Veniva impiegato come albero da frutto sin dal tempo degli antichi Romani. Un frutto adatto per la preparazione di marmellate, salse e liquori. Inoltre il suo legno particolarmente dure era usato anche nella falegnameria.
Giuggiole
Probabilmente di origini cinesi era conosciuto anche nell’antica Grecia. Un frutto invernale dal colore rosso acceso e dalla forma simile ad un’oliva. Ha un sapore dolce adatto per sciroppi, canditi, liquori, confetture, oltre al celebre brodo, una specialità che risalirebbe alla corte rinascimentale dei Gonzaga. Questi frutti dimenticati hanno proprietà lenitive e antinfiammatorie, ma anche emollienti e idratanti per la pelle.
Mele e pere cotogne
E’ diffuso principalmente nell’area mediterranea e in Cina, anche se si suppone sia originario del Caucaso. La sua coltivazione ha radici plurimillenarie, anche se oggi è molto rara, in seguito a un forte declino iniziato negli anni Sessanta. Con le cotogne si può preparare un’ottima marmellata, chiamata anche cotognata. Il frutto ha proprietà toniche e antinfiammatorie per lo stomaco e la digestione. In passato, questi frutti dimenticati erano utilizzati anche per profumare gli armadi, grazie alla grande ricchezza aromatica.
Corbezzoli
Questo arbusto sempreverde produce una bacca di piccole dimensioni con polpa soda e sapore acidulo. I frutti, i fiori e le foglie, inoltre, hanno proprietà antisettiche, antireumatiche e antinfiammatorie. La pianta è rara e ben considerata a scopo ornamentale.
Sorbe
I frutti sono di piccole dimensioni, simili a piccole pere. Sono diuretiche e ricche di vitamina C, flavonoidi e tannini.
Corniole
Questi frutti dimenticati sono dolci, carnosi e aciduli, adatti per preparare marmellate e infusi. Le corniole hanno proprietà toniche e astringenti.
Azzeruole
È un arbusto oggi ornamentale, dal gusto simile alle nespole, e che contengono contengono vitamina A e hanno proprietà lassative, diuretiche e antianemiche.
Ciliegie bianche
A penalizzare questo frutto è stato proprio il loro colore che però nasconde un sapore molto dolce, spesso conservate sotto spirito o candite.
Pera volpina
È una delle tante varietà di pere oggi pressoché abbandonate. Di piccola taglia, è un frutto autunnale adatto alle cotture e tipico della Romagna.
La riscoperta dei frutti
In realtà i frutti elencati qui di seguito non sono mai stati dimenticati, esistono ancora in realtà locali ristrette che sono riuscite a preservare questo patrimonio culturale e la biodiversità del territorio. Questi frutti si sono ritagliati un piccolo spazio nel mercato soprattutto a km zero.
Siamo comunque noi consumatori a decidere le sorti delle coltivazioni, e una maggiore consapevolezza potrebbe portare alla riscoperta e alla valorizzazione di alcuni frutti, come per esempio le pesche saturnie oggi ampiamente diffuse nella grande distribuzione e apprezzata dai consumatori, sia per la sua dolcezza che per le sue piccole dimensioni.