Il determinante ruolo dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato e la piccola rivoluzione (culturale?) attualmente in corso.
La tutela alimentare e la correttezza informativa nei confronti dei consumatori passano sicuramente attraverso gli strumenti di prevenzione delle condotte scorrette e di strumenti di repressione delle stesse.
In tale contesto, ho più volte esaltato la figura dei consumatori, non solo quali destinatari di tutta la filiera alimentare, ma anche e soprattutto per il ruolo attivo che possono avere attraverso gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento giuridico, tra cui la segnalazione e la denuncia agli organi di controllo per la prevenzione e repressione di frodi alimentari e all’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato.
L’Autority, così viene spesso indicata, sta svolgendo un ruolo estremamente importante nell’ambito della correttezza delle informazioni alimentari; negli scorsi anni possiamo ricordare gli interventi a carico degli imbottigliatori dell’olio di oliva, in materia di integratori alimentari, e, in genere, nella corretta informazione da fornire ai consumatori finali attraverso l’etichettatura dei prodotti e pubblicità.
Ritengo che sia particolarmente apprezzabile l’intervento dell’Autorità di fine 2019, in materia di etichettatura della pasta, soprattutto per gli effetti che vediamo oggi a seguito di quella attività e della piccola rivoluzione che ne è conseguita.
L’Autorità, infatti, su segnalazione di molti consumatori, di associazioni di consumatori e anche su sollecitazione di alcuni programmi televisivi di inchiesta, aveva avviato a fine 2019 numerose verifiche sul confezionamento ed etichettatura di quasi tutti i brand di pasta, industriale e artigianale.
La maggior parte delle etichette, infatti, richiamavano nei propri claim l’italianità del prodotto (con bandiera italiana in bella vista, ovvero richiami alla produzione in italia, etc), solo che, ad una attenta lettura delle etichette, emergeva che il prodotto era si lavorato in Italia, ma l’origine del grano era per lo più estera, anche extra UE.
E’ bene chiarire che se dal punto di vista del prodotto non vi erano criticità, dal punto di vista informativo l’Autorità ha ritenuto, e a ragione, che vi fosse una comunicazione non chiara e fuorviante, idonea ad indurre confusione nei consumatori sulla effettiva origine del prodotto.
Oggi, a distanza di qualche mese, si possono vedere gli effetti di quella attività.
Nella maggior parte dei casi, infatti, i brand hanno deciso di uniformare le informazioni sulle etichette, da una parte non esaltando l’italianità del prodotto, dall’altra riportando in evidenza le origini del prodotto stesso (quindi dando risalto ed evidenza al fatto che il grado è di origine UE o extra UE); l’adeguamento, peraltro, è avvenuto in via spontanea alle richieste dell’Autorità, cosa che ha consentito alle aziende di scongiurare le pesanti sanzioni.
Solo un brand ha deciso di non adeguare le informazioni in etichetta, subendo così la sanzione dell’Autorità che potrà essere reiterata in caso di ulteriore violazione e mancato adeguaemento.
Ma gli effetti non si sono limitati solo alle etichette e alle informazioni riportate.
Alcuni brand, infatti, hanno deciso di non produrre più con grado prodotto all’estero, ma di vendere pasta prodotta esclusivamente con grado di origine italiana, puntando quindi sulla maggiore qualità della produzione nostrana.
Altri brand, invece, stanno optando proprio in questi giorni, per una scelta differente: in particolare, un noto marchio, sta pubblicizzando i propri prodotti esaltando le qualità della miscela di grano adottata, proveniente in parte dall’Italia, in parte dall’estero (nella specie, dall’Arizona, negli Stati Uniti), dando vita ad una vera e proprio campagna pubblicitaria e informativa con cui si spiegano le ragioni della scelta.
Chiaramente, non spetta a noi decidere o valutare se tale scelta sia commercialmente condivisibile o corretta. In ottica consumeristica posso solo dire che siamo di fronte ad una piccola rivoluzione: un intero settore, quello della pasta, vive, dopo anni di poca trasparenza e scarsa informazione, un contesto dove i tutti i produttori si sono allineati nel fornire tutte le informazioni necessarie ai consumatori.
Soprattutto, dopo decenni di difesa estrema, e spesso scorretta in termini di informazione, si assiste alla messa in discussione del nostro primato in una delle produzioni dove effettivamente non esistono competitor internazionali.
La pasta prodotta con il grado dell’Arizona era sui nostri mercati da anni, ma non lo sapevamo.
Siamo ancora i migliori?
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